<<Mi sarebbe piaciuto, come accade per tutte le storie, dare anche a questa un principio e una fine. Mio malgrado però, questa storia parla del tempo ed il tempo è da sempre e per sempre sarà.
Mi ritrovo così nel tempo a scriver una storia che parla di tempo; una storia che forse esisteva da sempre e che dovevamo soltanto attraversare. >> Emilio Colaci
Avevo trascorso gran parte della mia vita ad arrovellarmi sul concetto del tempo. Ossessionato forse, ma principalmente, profondamente, inevitabilmente innamorato di esso.
Vedevo tempo ovunque: nell’uomo, nelle cose, negli astri. Lo stesso Dio mi appariva fatto di tempo.
Mi ero ben guardato, nel corso dei primi anni, dall’ingozzarmi di superbe letture che avrebbero potuto al più indottrinarmi su sentieri già percorsi. Dovevo fare del mio tempo qualcosa di utile. E ciò che è già stato detto, intuito, visto non è più utile. Diviene conoscenza e praticità e per tanto facile preda dalla noia, dell’abitudine.
Mi riservavo tuttavia la possibilità di attingere a concetti che avevo assimilato durante i primi appassionati tuffi nella poesia e nella letteratura cercando di far prevalere l’aspetto umanistico su quello scientifico.
Ricordo con tenerezza quanto mi appassionava una frase del grande Carmelo Bene (di cui fui e sono appassionato e umile studioso): “Attraverso me parlano tanti di quei significanti, io li lascio
andare; io sono parlato, non parlo”.
Ecco: “Io sono parlato, non parlo”. E’ qui che trova spazio il massimo elogio mai fatto all’intuizione ed alla scoperta. La scoperta di sé, di ciò che si è e non di ciò che si dovrebbe essere! “Io sono parlato”, cioè lascio che l’intuizione, la novità, l’imprevedibile venga fuori senza filtri.
Percorrendo questi sentieri coltivavo una ricercata ignoranza, concimando quotidianamente le percezioni (piuttosto che la conoscenza) col silenzio ed il buio. Spesso con la meditazione e l’ascolto.
Se ci si ferma a riflettere sul concetto di tempo con religiosa postura intellettuale, con educazione ci si ritrova soli, vulnerabili; ci si sente estremamente piccoli.
I soli concetti di principio e fine del tempo, cui è difficile dare pratico riscontro se non nei dogmi religiosi, bastano per privare l’uomo di ogni certezza.
Passavo molto tempo pensando al tempo. Lo vedevo astratto per certi versi ma invadente come acqua che prendeva le forme più incontrollabili ed ingestibili.
Iniziavo, mio malgrado, a svincolare il tempo dal concetto di spazio privandolo volutamente di un principio e di una fine. Lasciandolo libero di esprimersi in termini più umani; in termini sensibili e non sensoriali.
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